Sta per arrivare la Cometa di Natale, la Cometa 46P/Wirtanen, che nelle prossime settimane ci regalerà uno spettacolo astronomico imperdibile!
Infatti, tra poco, potremo osservarla anche ad occhio nudo nei giorni prossimi al suo perielio (il punto della sua orbita più vicina al Sole, il 12 dicembre), ma ancora meglio il 16 dicembre quando toccherà la sua minima distanza dalla Terra e resterà visibile fino a gennaio meritandosi, giustamente, l’appellativo di Cometa di Natale.
Al perielio raggiungerà un’accettabilissima magnitudine apparente (luminosità) di 6 o addirittura 5, per cui potremo ammirare l’oggetto celeste a occhio nudo per diversi giorni.
La distanza minima dalla Terra (il 16 dicembre) sarà di “appena” 11,5 milioni di chilometri dal nostro pianeta, proprio niente dal punto di vista astronomico.
Ovviamente sarà necessario un cielo privo di inquinamento luminoso sperando che il meteo non ci faccia brutti scherzi.
Ovviamente con un buon binocolo o un piccolo telescopio potremo vedere ancora qualcosa in più.
Attualmente la cometa è troppo bassa sull’orizzonte nel nostro emisfero boreale ed è ancora poco luminosa per cui risulta praticamente inosservabile. Nell’emisfero australe è già possibile osservarla e fotografarla.
La Cometa 46/PWirtanen, scoperta il 17 gennaio 1948 dall’Astronomo statunitense Carl Alvar Wirtanen. è caratterizzata da un periodo breve, cioè torna a “salutarci” ogni 5,4 anni.
A suo tempo fu previsto che fosse l’obiettivo della sonda spaziale Rosetta e del suo lander Philae dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), ma per difficoltà tecniche fu deciso di indirizzare la missione verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. La cometa 46/PWirtanen ha un diametro di 1,2 chilometri, e la sua coda, nei giorni di massima osservabilità, potrebbe avere una lunghezza pari al doppio della Luna, anche se, per motivi prospettici dalla Terra, potrà essere coperta dalla sua stessa chioma quando sarà più vicina a noi, rassomigliando ad una specie di nebulosa, una stella “sfocata”, in pratica.
Insomma, uno spettacolo mozzafiato imperdibile!
Le comete sono, in pratica, delle palle di neve sporca in un’orbita molto ellittica attorno al Sole.
Con dimensioni tra 1 e 10 km sono un miscuglio di ghiaccio d’acqua e roccia con una densità media dell’ordine di 0,5-1,0 g/cm³.
Il termine deriva dal greco kométes, cioè chiomato, dotato di chioma, a sua volta derivato da kòme, cioè chioma, capelli, in quanto gli antichi paragonavano la coda di questi corpi celesti a una lunga capigliatura. Quando una cometa si avvicina al Sistema solare interno (meno di 3 Unità Astronomiche, distanza nota come linea della neve, pari a circa 450 milioni di km), il calore del Sole fa sublimare i suoi strati di ghiaccio più esterni, cioè li fa passare direttamente dallo stato solido a quello gassoso. Le correnti di polvere e gas prodotte formano una grande, ma rarefatta, atmosfera attorno al nucleo chiamata, appunto, chioma, mentre la forza esercitata sulla chioma dalla pressione del vento Solare conduce alla formazione di un’enorme coda.
Spesso polveri e gas formano due code distinte: la polvere, più pesante, rimane indietro rispetto al nucleo e forma spesso una coda incurvata, che si mantiene sull’orbita della cometa; il gas ionizzato, più sensibile al vento solare, forma una coda diritta, in direzione sempre opposta al Sole, seguendo le linee del campo magnetico locale piuttosto che la traiettoria orbitale. Queste code possono essere lunghe, rispettivamente, tra i 10 e 100 milioni di km. La coda di polveri ha il suo caratteristico colore giallastro poiché diffonde la radiazione solare, mentre quella di ioni ha un colore tra il bluastro ed il verdastro a seconda delle molecole di cui è composta. Pertanto, anche nuclei di piccole dimensioni possono creare strutture cometarie molto grandi, anche se molto rarefatte.
La Cometa Wirtanen è un membro della Jupiter Family Comets (JFC) chiamate così perché, nella loro orbita, passano periodicamente vicino a Giove e interagiscono gravitazionalmente con l’enorme pianeta che ne condizionerà il movimento attorno al Sole. In generale, queste comete hanno periodi inferiori a 20 anni e una bassa inclinazione sull’Eclittica, attorno ai 10°. La Wirtanen passa frequentemente al perielio che cade a 1,055 UA dal Sole, quasi 1, cioè vicinissimo all’orbita della Terra! Pertanto è anche un near-Earth object, un oggetto che passa molto ravvicinatamente alla Terra e da tenere sotto controllo per eventuali brutti incontri….
La cometa sarà visibile in prima serata, alta sull’orizzonte est, vicino al bellissimo ammasso stellare delle Pleiadi. Successivamente si sposterà in Auriga e, poi, nella costellazione della Lince. Il 23 dicembre diventerà un oggetto circumpolare per le latitudini superiori ai 45° N e tornerà ad essere invisibile ad occhio nudo il 10 gennaio 2019, quando si sposterà nella costellazione dell’Orsa Maggiore.
La coda, come già detto, purtroppo sarà poco visibile perché essendo opposta al Sole sarà nascosta dalla chioma che vedremo verso di noi. La vedremo come un tenue batuffolo di luce. La Luna non disturberà più di tanto perché il primo quarto si avrà il 15 dicembre e la Luna piena solo il 22 dicembre.
Ma, visto che siamo a Natale e la Cometa è stata chiamata la Cometa di Natale, parliamo un po’ della Stella Cometa!
La stella che, secondo il Vangelo di Matteo, guidò i Magi apparsi dall’Oriente per adorare il Re dei Giudei, col tempo è stata trasformata nella cultura e nella tradizione popolare in “Cometa di Gesù Bambino”.
Quest’elemento appare, ormai, in tutte le ricostruzioni della Natività, dove la capanna o la grotta che ospita il Divino Neonato è evidenziata e fatta risaltare dalla “luce” di una cometa.
Seppur suggestiva questa non pare essere la corretta interpretazione dell’astro che guidò Baldassarre, Gaspare e Melchiorre più di duemila anni fa.
In nessun documento antico, infatti, è riportato il passaggio di un oggetto cometario nel periodo in cui nacque Gesù.
Attraverso la rivisitazione storica dei possibili eventi astronomici che indussero i “Magi” (una casta sacerdotale di astrologi zoroastriani, il cui centro più importante era Babilonia) ad intraprendere il lungo viaggio verso la Palestina, potrebbe essere possibile ipotizzare la vera data da collegare alla nascita del “Salvatore del mondo”.
Solo il Vangelo di Matteo (II,1-2) ed un altro apocrifo, il Protovangelo di Giacomo ci presentano una stella che servì da guida per i sapienti orientali indicando loro il cammino da intraprendere e che si fermò proprio sopra il luogo dove era nato il Re dei Giudei.
Comunque tale avvenimento non dovette, tuttavia, essere tanto appariscente o luminoso. Lo stesso Re Erode, se avesse direttamente visto o anche solo sentito di una strana stella apparsa nel cielo non avrebbe dovuto chiedere informazioni a tal riguardo ai Magi: “..Allora Erode, accolti segretamente i Magi, s’informò accuratamente da loro circa l’epoca in cui la stella era apparsa…” (Matteo II, 1-2).
All’epoca dei Vangeli il termine “cometa” non era ancora correntemente in uso e nelle scritture ebraico-aramaiche la parola “stella” era solitamente usata in senso figurativo e/o metaforico per descrivere eventi o persone. Ancora sul finire del XVI secolo d.C. Tycho Brahe intitolò un suo studio sulle comete “De nova stella“.
Ragionando in quest’ambito di considerazioni, potrebbe anche essere plausibile pensare che l’Evangelista Matteo abbia usato il riferimento “stellare” senza che questo avesse un qualche riscontro nella realtà.
Il rompicapo si complica perché non abbiamo una data certa per la nascita del Cristo, ma potremmo arrivarci, forse, se troviamo un aggancio astronomico certo!
Nel VI secolo d.C. il monaco sciita Dionigi il Piccolo, a seguito di elaborati calcoli e rivisitazioni storiche, stabilì quello che avrebbe dovuto essere l’anno zero dell’Era Cristiana proponendolo come sistema generale di misura del tempo. Dionigi in verità fu incaricato da Papa Giovanni I di individuare delle regole facili e comprensibili da tutti per calcolare la data della Pasqua, però egli andò oltre i compiti che gli vennero assegnati fino a pervenire ad una vera e propria riforma del calendario.
Stabilito quindi l’anno della nascita di Cristo, il monaco chiamò Anno Domini 1 l’anno seguente a quello della nascita cioè il 754 dalla fondazione di Roma e decise che l’anno iniziasse con il 25 di marzo (equinozio di primavera), corrispondente al giorno del concepimento del Figlio di Dio, e non più al 1° gennaio, come aveva disposto Giulio Cesare nel suo calendario.
E’ opportuno precisare che oggi noi avremmo definito quello della nascita di Cristo “Anno zero”, ma a quel tempo lo zero era ancora sconosciuto in Occidente dove arriverà solo qualche secolo più tardi grazie agli Arabi e, pertanto, l’anno della nascita di Cristo fu chiamato dagli storici “Anno 1 avanti Cristo”.
L’Era Cristiana fu inizialmente adottata dalla sola Chiesa Romana, ma, successivamente, il suo impiego si diffuse anche fra i laici. Fu, forse, Carlo Magno il primo sovrano laico ad imporre a tutto il suo impero quest’Era, che ancora oggi è usata per scopi civili nel mondo intero.
Ma Dionigi il Piccolo commise qualche sbaglio nell’elaborare i propri calcoli e, pertanto, la data della nascita di Gesù da lui proposta va anticipata di qualche anno….
La morte di Re Erode, è storico, avvenne nel 4 a.C. e i Vangeli ci lasciano chiaramente intendere che al momento della nascita del Bambino, il sovrano della Palestina fosse ancora vivo (fu lui che ordinò l’esecuzione di tutti i bambini di sesso maschile dai due anni di età in giù e fu a lui che i Magi chiesero dove, esattamente, fosse nato il Re dei Giudei…). Quindi possiamo affermare che nell’anno 4 a.C. Gesù era già vivo.
Dai Vangeli sappiamo pure di un censimento, voluto da Cesare Augusto, che è all’origine del viaggio di Maria e Giuseppe a Betlemme.
Alcuni anni fa ad Ankara gli archeologi trovarono una copia del decreto del censimento che dovrebbe, quindi, essere avvenuto in un periodo compreso fra l’8 e il 6 a.C.
E’ ragionevole, quindi, ipotizzare che l’anno di nascita del bambino Gesù sia da collocare fra l’8 e il 4 a.C.
Anche il giorno prescelto dalla Chiesa intorno al V secolo d.C. per festeggiare la Natività (il 25 di dicembre) è da considerarsi artificioso; d’altronde fino al V secolo d.C. a Gerusalemme e più in generale in Palestina era l’Epifania ad essere festeggiata in memoria della nascita di Gesù.
Il termine greco con cui nel vangelo si si identificava la stella di Betlemme è “astron” che tradotto letteralmente significa genericamente “fenomeno del cielo stellato” o “stella”.
Verosimilmente, i Magi appartenevano alla classe sacerdotale e si dedicavano all’osservazione e allo studio delle stelle e dei pianeti interpretandone posizioni e movimenti in modo astrologico e profetico. Sicuramente erano dei profondi intenditori delle “cose celesti” e come tali potrebbero aver visto e notato situazioni “invisibili” o, comunque, insignificanti per la gente comune. Questo spiegherebbe il comportamento di curiosità del Re Erode e il fatto che il fenomeno non fu alla “portata di tutti”.
Ma chi erano i Magi? Certo non maghi (anche se il termine di “magia” deriva dal nome che il Vangelo assegna a questi personaggi venuti da Oriente). Non erano nemmeno Re e neanche Tre (il Vangelo non menziona né il numero “Tre”, né la parola “Re”).
Dovevano essere sicuramente persone di riguardo altrimenti, giunti a Gerusalemme, non sarebbero stati ammessi alla presenza di Erode. Forse erano sacerdoti provenienti da Babilonia, una regione in cui da lungo tempo la conoscenza del cielo aveva raggiunto altissimi livelli.
I babilonesi non conoscevano la reale natura dei corpi celesti (il merito di aver compreso che gli astri sono corpi appartenenti al mondo fisico va riconosciuto agli antichi greci): essi erano però in grado di interpretare con estrema precisione i movimenti di quelli che ritenevano essere personaggi ultraterreni, ossia divinità nel vero senso della parola.
I Magi portarono in dono a Gesù Bambino oro, incenso e mirra e ciò fa pensare che fossero in tre, come vuole fra l’altro anche la tradizione iconografica. Certo è comodo pensarlo anche perché ciò riflette il concetto cristiano della Trinità.
La loro eterogeneità (uno anziano bianco, uno giovane nero ed uno orientale di mezza età) rafforza il concetto di adesione dell’umanità intera alla sovranità di Cristo.
Il teologo alessandrino Origene (nel III secolo) per primo comincia a parlare di una cometa vera e propria.
La tradizione popolare della cometa ha, poi, preso piede e si è diffusa rapidamente in seguito alla rappresentazione della scena della Natività, da parte di Giotto, nella cappella degli Scrovegni di Padova nell’anno 1301. Il pittore fu probabilmente spinto a disegnare questo “corpo celeste” dopo aver personalmente assistito ad un passaggio di una spettacolare cometa che di lì a qualche secolo sarebbe diventata per tutti la Cometa di Halley. La coda, poi, ben si accosta al desiderio di rappresentare un oggetto celeste che indichi una direzione.
Proviamo, allora, a fare quattro ipotesi!
- La stella citata nel Vangelo di Matteo fu la cometa di Halley.
- La stella dei Magi fu un’altra cometa passata al perielio in contemporanea alla nascita del Cristo.
- La stella di Natale fu una supernova esplosa nella nostra Galassia.
Circa tre secoli dopo Giotto, l’astronomo Giovanni Keplero assistette personalmente all’apparizione di una brillante supernova nella costellazione di Ofiuco. La “nuova stella” per alcune settimane divenne molto brillante, quasi come il pianeta Venere, e indusse l’astronomo polacco, pur non conoscendo le motivazioni fisiche che portavano alla formazione di questi brillanti oggetti, a prendere in considerazione questo fenomeno celeste per spiegare astronomicamente la stella di Natale.
- La stella citata nel Vangelo dell’Evangelista Matteo fu una congiunzione planetaria.
E’ ancora Giovanni Keplero a suggerircelo. Sempre nel medesimo periodo di tempo (il 1603-1604) il brillante astronomo rimase colpito da un raro fenomeno celeste: una luminosissima congiunzione planetaria che coinvolse Giove e Saturno.
La cometa di Halley?
Abbiamo accennato che è stato Giotto, attraverso un suo dipinto, ad innescare negli uomini l’idea che fosse questa cometa a guidare i sapienti della Media verso il luogo della Natività.
Seppur altamente suggestiva, l’ipotesi di collegare la Halley alla stella dei Magi non pare essere credibile in correlazione al fatto che il corpo celeste passò al perielio nell’anno 12 a.C. e, come abbiamo già visto Gesù sarebbbe dovuto nascere in un periodo di tempo compreso fra l’8 a.C. e il 4 a.C.
Forse un’altra cometa luminosa?
Alcune cronache cinesi datate 5 a.C., alludono all’apparizione in cielo di un oggetto identificato come “cometa senza coda”. Un anno più tardi, ovvero nel 4 a.C., si registrò una “stella nuova”, ma sembra strano che nell’area del Mediterraneo nessuno notò e scrisse sull’eventuale cometa “cinese”. Le cronache astronomiche di duemila anni fa erano già molto precise e complete al punto tale da farci escludere, quasi categoricamente, l’apparizione di una grande cometa nel periodo in cui verosimilmente nacque Gesù Cristo.
Fu l’esplosione di una supernova?
Il fenomeno supernova è una delle esplosioni più colossali che si conoscano ed essendo solitamente molto luminose e “spettacolari” sembra assai improbabile che fosse una di queste la stella della Natività in quanto si sarebbe certamente resa visibile agli occhi di tutti, dello stesso Erode o dei suoi sacerdoti.
Inoltre, pur essendo particolarmente appariscenti e rare, non sono fenomeni “eccezionali” e non lo dovevano di certo essere per i Magi al punto tale da giustificare un viaggio tanto lungo. Inoltre la generale ristrettezza temporale di osservabilità di una supernova (che di solito va da pochi giorni a qualche settimana) mal si concilia con la durata di molti mesi del fenomeno che sarebbe stato osservato dai sapienti della Media.
L’ipotesi della congiunzione planetaria.
Con questa terminologia si intende un avvicinamento di tipo prospettico fra due o più corpi celesti, nel nostro specifico caso pianeti.
Facendo riferimento al periodo fra l’8 a.C. e il 4 a.C. e considerando di essere degli osservatori situati in Oriente (in questo caso inteso come l’antica Mesopotamia, corrispondente grosso modo all’odierno Iraq), possiamo essere ricondotti ad un evento assai interessante che si verificò per ben tre volte nel corso dell’anno 7 a.C.: la congiunzione fra i pianeti Giove e Saturno fra le stelle che delineano la costellazione dei Pesci.
Questa è una situazione assai rara che si verifica approssimativamente una volta ogni otto secoli, che presenta numerosi aspetti che la possono far accostare in modo assai credibile alla stella di Natale.
Il primo ad avere avuto questa intuizione fu, ancora, Giovanni Keplero il quale assistette personalmente ad una congiunzione fra i due pianeti giganti nella costellazione dei Pesci intorno al Natale dell’anno 1603. L’astronomo polacco attraverso una serie di elaborati calcoli si accorse che nel 7 a.C. si verificò una tripla congiunzione fra Giove e Saturno i quali apparvero prospetticamente vicini nei Pesci nei mesi di maggio, settembre e dicembre. Facendo delle supposizioni di carattere storico e astronomico, ipotizzò che un simile fenomeno potesse avere avuto una notevole influenza e assunto grandi significati per i Magi.
Le congiunzioni planetarie che stiamo analizzando non furono particolarmente “strette”, cioè i pianeti non vennero a trovarsi (prospetticamente) molto vicini fra di loro quindi non furono neppure appariscenti e spettacolari. Per questo è facile che la “stella” non sia stata citata negli altri Vangeli e non sia stata “vista” da Erode.
L’iniziale supposizione di Keplero, in tempi recenti, è stata ripresa da storici e astronomi i quali l’hanno definita come la più plausibile e accettabile fra tutte le teorie proposte nel corso della storia.
Reperti archeologici e alcune tavolette ritrovate in Babilonia, contengono le misure relative alle posizioni di Giove e Saturno nel cielo per l’anno 7 a.C. lasciando chiaramente trasparire che già allora gli astronomi-astrologi orientali erano in grado di prevedere le congiunzioni planetarie.
Per far “coincidere” la stella dei Magi con queste congiunzioni planetarie è quindi necessario interpretare anche in senso simbolico e generico le scritture dell’Evangelista Matteo.
Questo è più che accettabile considerando che i Vangeli non sono di certo dei testi scientifici o tecnico-astronomici. Per i due pianeti, non potendo essere mai apparsi come una stella sola (furono chiaramente separabili senza difficoltà ad occhio nudo), occorre fare un ragionamento interpretativo considerando il significato che avevano al tempo rispettivamente Giove, Saturno e la costellazione dei Pesci.
Il primo era considerato il pianeta della regalità, il secondo il protettore del popolo ebraico, la stella dei giusti, mentre la costellazione dei Pesci era spesso associata a Mosè, al suo popolo, alla sua Terra.
Ecco che il particolare fenomeno astronomico poteva dai Magi (ricordiamo che essi erano a conoscenza delle vicende del popolo ebraico e delle profezie ad esso connesse dell’attesa di un’imminente venuta di un Messia) essere letto in questo modo:
“un grande Re (Giove), portatore di giustizia (Saturno) nel mondo, sta per nascere nella terra di Mosè (la costellazione dei Pesci, ovvero Israele)”.
La grande estensione temporale dell’evento (che in pratica durò da maggio a dicembre) si accorda alla perfezione con quella che dovette verosimilmente essere la durata del viaggio dei sapienti orientali.
A seconda delle interpretazioni possiamo con un certo margine di sicurezza presumere che quest’ultimo sia stato di lunghezza compresa fra 800 e 2000 chilometri. Considerando la tipologia del terreno e i mezzi di trasporto (cammelli) dell’epoca il tempo necessario per percorrere tali distanze potrebbe essere quantificato da poco meno di un mese a oltre due mesi.
I Magi potrebbero aver raggiunto Betlemme nel momento in cui Giove e Saturno culminavano in cielo (transitavano al meridiano) apparendo quindi “fermi” nella volta celeste. Questa circostanza darebbe un significato anche scientifico alle parole del Vangelo “….finché giunse e si fermò sopra al luogo dove si trovava il bambino”.
Il mistero rimane…
Non sarebbe corretto voler associare a tutti i costi un evento astronomico concreto alle scritture dei Vangeli.
Appare evidente, tuttavia, che esistono motivazioni sufficientemente fondate e logiche tali da far supporre che l’osservazione visuale di un fenomeno celeste realmente verificatosi più di duemila anni or sono possa aver spinto alcuni astrologi-astronomi della Mesopotamia a recarsi a Gerusalemme e successivamente a Betlemme.
Fra tutte le ipotesi e le teorie formulate e proposte dagli studiosi e dai ricercatori astronomici, quella della congiunzione fra Giove e Saturno verificatasi nel 7 a.C. sembra essere quella che maggiormente potrebbe avvicinarsi alla realtà dei fatti.
Ovviamente, con i dati oggigiorno in nostro possesso non è ancora possibile raggiungere una conclusione e risolvere con certezza l’enigma della stella della Natività.
OK!
Per oggi basta, Vi ho scocciato anche troppo!
Alla prossima!
E guardate sempre in alto, in tutti i sensi!
Ciao!
Raffaele D’Arco (Lello per Voi Amici)
dottore@raffaeledarco.it
Castellammare di Stabia (NA)
ITALY
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